Nel sottoscala il neon balbetta come un vecchio chierico
in apnea, mentre il distributore automatico—un’ostia
di plastica elettronica—dispensa merendine
sacrificali alle 07:43 precise. Un manager,
con l’anima chiusa a chiave
nel cassettino C del faldone “Umanità residua”,
mastica una preghiera sdentata.
Al settimo piano piange
un fax, lacrime di carta e codici ministeriali.
Una stampante confessa tutte
le sue trasgressioni notturne
in carattere Arial, giustificato a sinistra.
Io accendo tre candele al mio modem
e chiamo connessione l’assenza.
Sul divano IKEA dormono
le mie personalità alternative,
in tuta da ginnastica e crisi esistenziale,
sognando di essere amate
da un algoritmo con remore etiche.
Perfino il frigorifero ha una morale adesso.
Una babycam mi sussurra in latino:
Ecce homo, ma col filtro seppia.
Le piante finte gridano quando parlo d’amore.
Il giorno esplode in un’email automatica:
Gentile Signore, la sua identità è scaduta.
Don Spruzzo di Rima