Nella biro impigliata
tra ricevute di luce e sambuca scaduta,
gratta la notte il mento del portiere—
si crede ancora custode
d’un quartiere in saldo.
Le offerte lampeggiano
come madonne epilettiche sui vetri
del tram: tutto è raggiungibile
tranne se stessi.
Il cuore, un badge smagnetizzato.
Tra i circuiti di uno sportello automatico
sussurrava mia madre: “è qui
che le anime perdono le unghie.”
M’illudevo di spegnere il dolore
con un click, ma era solo
una notifica.
Sotto la pelle del supermercato
respirano salmoni,
nati interi, venduti a fettine:
parlano una lingua di plastica
che somiglia alla mia, nei sogni.
Amo una donna che non conosco,
le invio ogni sera messaggi criptati
nei cartoni della pizza.
Risponde a volte col nulla,
che ha più senso
di tutto il resto.
E poi, oggi—mentre il cielo tremava
come un modem impazzito—
ho visto mio padre,
in fila alla posta,
e non era mai esistito.
—Don Spruzzo di Rima