Nel corridoio cieco del ministero
la luce si frangeva come una pelle vecchia,
mentre l’impiegato con dita-di-gesso
ripeteva il tuo codice fiscale
con un tono da requiem.
Là, sotto l’orologio che batteva errori
anziché ore, ho visto
il mio volto stampato
su un modulo per la mutazione del sé.
La firma richiedeva due alibi,
e il DNA in triplice copia.
Tu eri già solo una notifica –
vestita d’azzurro laser e sarcasmo –
nella cartella SPAM del cuore,
mentre al bar, l’espresso sa di silicio
e la schiuma disegna
la mappa delle periferie digitali
dove i sogni muoiono
per eccesso di password.
Il vento parlava la lingua
degli algoritmi,
e perfino il tram smetteva di cigolare
quando chiedevo: dove finisce
l’umano nel codice fiscale?
Poi lo specchio del bagno si è appannato,
ma il mio riflesso ha scritto:
«Tu non sei mai stato protocollato.»
— Don Spruzzo di Rima