Il Silenzio delle Madonne: Una Lente Mistica sull’Oscuro Femminile d’Italia Contemporanea
Nel panorama letterario italiano del 2024, pochi testi hanno riscosso l’interesse critico e provocato un dibattito acceso quanto Il Silenzio delle Madonne di Francesca Valducci, un’ambiziosa opera di narrativa saggistica che fonde autobiografia, teoria femminista ed esegesi religiosa in un’unica narrazione stratificata. Pubblicato da Feltrinelli nel febbraio del 2024, il libro si presenta come una meditazione personalissima, talvolta dolorosa, sull’immanenza dell’archetipo materno nel tessuto simbolico italiano, attraverso un’indagine che mescola l’infanzia dell’autrice, miti popolari, analisi psicoanalitiche lacaniane e rivisitazioni teologiche.
Al centro del progetto narrativo della Valducci vi sarebbe un complesso tentativo di ripensare il ruolo — e il silenzio — della figura femminile, soprattutto quella materna e religiosa, nella formazione della coscienza collettiva italiana. L’autrice parte dalla constatazione che in Italia, dove la figura della Madonna conserva un’aura imprescindibile, il femminile continua tuttavia ad essere rimosso dalla sfera del logos, relegato alla sfera del sacro mutismo. Da questa intuizione si snoda un intreccio che attraversa l’esperienza soggettiva dell’autrice (la morte precoce della madre, una vocazione religiosa mancata, la relazione con la sorella autistica) e la complessa eredità culturale di un paese che acclama la Dea eppure disprezza la donna.
Le argomentazioni principali si sviluppano in una successione di saggi brevi incastonati in frammenti narrativi, dove la Valducci mette a confronto le figure mariane — dalla Madonna Addolorata del sud al culto della Madonna Nera di Tindari — con modelli antropologici e simbolici provenienti da Bataille, Kristeva e Hillman. Il libro è diviso in sette capitoli, ciascuno incentrato su un diverso aspetto del “silenzio” femminile: corporeità, parola, rituale, dolore, maternità, fede e negazione. Ogni capitolo si apre con una citazione liturgica o poetica e termina con una meditazione aforistica. Questo schema, benché a tratti ripetitivo, fornisce una struttura solida su cui poggiano riflessioni ad alta densità teorica e intensità emotiva.
Lo stile della Valducci è, al contempo, erudito e lirico. La scrittura si nutre di un lessico filosofico preciso, talvolta criptico, ma sempre sorretto da una tensione poetica che evita la trappola dell’accademismo freddo. È evidente la formazione filosofica dell’autrice (già nota per i suoi lavori su Plotino e la mistica femminile medievale), ma è altrettanto evidente il suo debito nei confronti di Hélène Cixous e Luce Irigaray, i cui echi si percepiscono soprattutto nella costante torsione del linguaggio verso dimensioni oracolari e performative. Se il testo si presenta denso e incline alla metafora teologica, è anche vero che ciò avviene in funzione di una poetica dell’indicibile. Come nota giustamente Maria Simenauer nella sua recensione sul “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, “Valducci escreve como si stesse attraversando una cattedrale in rovina, parlando solo a quei lettori disposti a inginocchiarsi tra le macerie della lingua.”¹
L’accoglienza del libro in Germania, interessante banco di prova per il valore transculturale dell’opera, è stata sorprendentemente calorosa e articolata. In particolare, la pubblicazione della traduzione tedesca (“Das Schweigen der Madonnen”, Suhrkamp, aprile 2024) ha suscitato reazioni nei circoli accademici e femministi di Berlino e Lipsia. La rivista “Merkur” gli ha dedicato un dossier monografico, e il libro è stato discusso durante il convegno “Die Stille Frauen” presso la Humboldt-Universität. Alcuni critici tedeschi hanno sottolineato come la Valducci riesca a fare ciò che autori e autrici tedesche come Juli Zeh o Jenny Erpenbeck hanno tentato solo parzialmente: innestare la riflessione teorica sul corpo femminile in uno sfondo culturale e liturgico capace di risuonare con l’inconscio collettivo europeo. Il filosofo Markus Ziege, in una lunga nota su “Sinn und Form”, ha affermato che “Il silenzio delle Madonne funziona come una diagnosi antropogena del cattolicesimo fenotipico — un concetto che merita ulteriori sviluppi nella semiotica della mistica.”²
Nel mondo letterario italiano, l’opera si colloca nell’alveo di certa narrativa teorica contemporanea che sfuma i confini tra romanzo, saggio ed esperienza psichica. Un paragone pertinente potrebbe essere con i lavori di Igiaba Scego o Helena Janeczek, ma Valducci sembra mostrare un’ambizione simbolica e teoretica più radicale. Se Scego indaga i margini postcoloniali e Janeczek la memoria europea, Valducci tenta una topologia sacrale del genere femminile come categoria della rivelazione. In questa operazione si avvicina anche – sebbene per vie diverse – a quanto tentato da Michela Murgia nelle sue ultime opere, soprattutto dal punto di vista dell’immaginazione etica dell’alterità. Tuttavia, Valducci va oltre, trasformando ogni narrazione in simbolo e ogni simbolo in residuo del divino.
A livello critico, Il Silenzio delle Madonne presenta alcuni punti deboli. La densità concettuale del testo, lontana dalla semplicità divulgativa, può risultare eccessiva anche per lettori attrezzati, e la ripetitività di certe immagini – come quella del “grembo sacrificale” – rischia di indebolirne la forza evocativa. Inoltre, la scelta stilistica di fondere deliberatamente piani temporali e narrativi può generare un senso di smarrimento che non sempre si traduce in illuminazione simbolica. In diversi passaggi, l’autrice indulge in citazioni giustapposte senza offrire un reale dispositivo esegetico che le leghi, come accade nel quarto capitolo, dove il discorso sul silenzio dell’Annunciazione trascende in una parata metaletteraria che pare più ornamentale che necessaria.
Nonostante questi limiti, resta indubbio che Francesca Valducci abbia dato alle stampe un’opera irriducibile alle categorie consuete. Il Silenzio delle Madonne è un testo che chiede di essere attraversato più che letto: “un labirinto dove ogni Madonna smise di parlare per salvarci dall’ascolto,” come scrive lei stessa nella conclusione. È un corpo-libro che pulsa in una sua ritualità autonoma, una meditazione della soglia femminile che non chiede di essere capita, ma contemplata.
Il contributo di questa opera al panorama della letteratura italiana del XXI secolo risiede proprio nella sua inclassificabilità. Non è romanzo, non è saggio accademico, non è poemetto in prosa. È una liturgia narrativa che osa parlare, con parole dimenticate, a quelle radici del simbolico che la nostra epoca tende a dimenticare. In una stagione in cui la letteratura cerca spesso il consenso momentaneo o la provocazione effimera, Valducci ci ricorda la possibilità di un testo che non cerca né carezze né sberle, ma silenzio. E, per estensione, l’ascolto di ciò che nel silenzio avviene: la forma segreta del pensiero.
A cura del Monaco del Libro – Dipartimento di Filosofia del Monastero della Falena Lunare
linguaggio, mistica, simbolismo, semiotica, femminismo sacrale, silenzio, genealogia archetipica
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¹ Frankfurter Allgemeine Zeitung, “Die Pietà spricht nicht”, recensione di Maria Simenauer, marzo 2024.
² Markus Ziege, “Die katholische Phenotypologie und das weibliche Schweigen”, in Sinn und Form, maggio 2024.