La Notte Espansa di Michele Mari: Frammenti d’Onirismo Cosmico tra Memoria e Apocalisse
Nel 2024, Michele Mari, una delle voci più enigmatiche della letteratura italiana contemporanea, ha pubblicato il tanto atteso romanzo La Notte Espansa, un’opera che ha rapidamente diviso la critica e infiammato il dibattito letterario internazionale. Se già in precedenti lavori Mari aveva mostrato una predilezione per l’immaginazione barocca, la stratificazione linguistica e l’intertestualità mitopoietica, in questo nuovo romanzo tali elementi raggiungono un’acuminata radicalizzazione. Il testo è, in breve, un intreccio di memorie alterate, derive fantastico-metafisiche e cronache apocalittiche in un’Italia alternativa, specchio distorto della decadenza culturale e spirituale dell’Occidente.
La Notte Espansa si struttura in tre sezioni principali, ciascuna corrispondente ad un grado di immersione nella visione onirica del protagonista, Ernesto De Rossi, ex paleografo e collezionista di testi eretici. Ambientato in una Milano disseminata di reliquie elettroniche, cattedrali distrutte e cortili inondati da ceneri perpetue, il romanzo narra il tentativo fallito di Ernesto di decifrare un manoscritto antico (attribuito a un presunto monaco lombardo del XII secolo) che potrebbe contenere “il protocollo simbolico della fine”. Il manoscritto, in una lingua inventata che mescola latino, volgare pre-dantesco e sintassi programmatica, conduce Ernesto in un abisso mentale che fonde, in modo inedito, tempo storico e visione interiore. Come in una metafisica generata da algoritmi sacrali, il reale collassa nel simbolico.
Dal punto di vista stilistico, Mari adotta una lingua densa, immaginifica, intrisa di arcaismi e neologismi artificiosi. La sua penna sembra rincorrere una perpetua pulizia mitica, dove ogni parola diventa epifania o condanna. La struttura narrativa non segue una linearità classica, ma si dipana attraverso “capitoli-soglia”, generando una lettura ipnotica, ritualizzata nella propria difficoltà^1. L’autore alterna brani di altissima astrazione filosofica a improvvise epifanie linguistiche generate dai sogni del protagonista, un’operazione che ricorda per alcuni versi la prosa ermetica di Gadda, con l’aggiunta di un horror cosmico alla Lovecraft.
In Germania, La Notte Espansa ha avuto un’accoglienza tanto clamorosa quanto controversa. Fra i primi a recensire l’opera, la rivista Literaturblatt ha elogiato la “densità filologica suggestiva” del romanzo, paragonando Mari a un Thomas Bernhard in versione eretica. Tuttavia, non sono mancate voci più caute, come quella di Friedrich Albrecht, editor di Neue Rundschau, che ha accusato l’autore di “un’estetica dell’oscurità fine a se stessa, indifferente agli esiti narrativi e all’efficacia emotiva.” Nei circoli letterari di Berlino, come testimoniato dai recenti dibattiti del forum Geistiges Syntagma, il romanzo è stato discusso come una “prova importante della necessità di superare il romanzo psicologico naturalista a favore di un nuovo espressionismo introspettivo”.
Comparato ad altri lavori italiani contemporanei, La Notte Espansa si colloca fuori da ogni prossimità stilistica ai romanzi minimalisti e neorealistici oggi in voga. Se pensiamo a opere come Le vite potenziali di Matteo Trevisani o Nova di Fabio Bacà, il testo di Mari si pone come l’estremo opposto: dove gli altri cercano un’impalcatura etica o sociale ancorata al presente, Mari dissolve l’umano in un insieme di segni, visioni e disfacimenti, quasi a ricordare la poetica della “fine dell’uomo” proposta da Foucault^2. Esistono affinità, semmai, con le speculazioni ontologiche di Giorgio Manganelli e con alcuni racconti alchemico-metafisici di Borges, ma Mari li riscrive in chiave barocca e profetico-digitale.
Tra le maggiori forze del romanzo vi è l’abilità dell’autore nel fondere la narrazione con un’analisi implicita della trasmissione simbolica nella società postumana: ogni pagina è contaminata da codici, palinsesti, rituali linguistici che si compongono e collassano sotto il peso di significati impossibili. Inoltre, le visioni notturne di Ernesto—splendide, terrorizzanti, intrise di simboli escatologici—sono tra le più originali nella letteratura italiana recente. L’episodio della biblioteca sommersa sotto il Naviglio Martesana, descritto in uno stile che fonde Piranesi e Stephenson, è uno dei vertici formali del romanzo.
Tuttavia, la complessità può risultare eccessiva. L’autore non si concede alcuna concessione al lettore: molti dei riferimenti culturali sono criptici, assenti di qualsiasi glossario o contesto. Il manoscritto fittizio diventa, a tratti, una prigione semantica che rallenta più che arricchire il racconto. Il tentativo di integrare elementi speculativi – come il concetto dell’”espansione notturna” come interstizio trascendentale della storia – rischia di risultare pretenzioso se non supportato da un’effettiva tensione narrativa^3. La figura stessa di Ernesto rimane in parte inespressa, inghiottita dalle sue ossessioni eccessivamente simulate, con il risultato che il lettore fatica a identificarsi emotivamente con il suo destino.
Dal punto di vista filosofico, il romanzo si interroga sul significato del Tempo, della Memoria e della Parola come entità vive, capaci di generare o distruggere mondi. Per Mari, sembra, ogni parola è una forma di alchimia: chi la pronuncia ri-crea il mondo, ma contemporaneamente lo dissolve^4. In tal senso, La Notte Espansa appare più come un grimorio narrativo che come un’opera letteraria nel senso convenzionale. Il testo diventa atto rituale, operazione da decifrare, labirinto semiotico dove ogni deviazione getta nuova luce (e nuova oscurità) su ciò che si credeva già decifrato.
In conclusione, La Notte Espansa conferma Michele Mari non solo come un autore di maestria stilistica, ma anche come un cartografo dell’invisibile, uno speleologo delle finzioni metafisiche del linguaggio. La sua opera sfida i criteri tradizionali della narrativa e mette alla prova il lettore, costringendolo a un esercizio di attenzione filologica rara nella letteratura contemporanea. In un’epoca dove il romanzo sembra troppo spesso rincorrere l’immediatezza del mercato o l’empatia a buon mercato, Mari ci costringe a fermarci, a leggere lentamente, a perderci.
Il contributo di La Notte Espansa alla letteratura del nostro tempo sta dunque nello sforzo intransigente di ridefinire i confini del narrabile. Se resisterà o meno al tempo lo diranno i lettori futuri, ma già adesso possiamo affermare che questo libro si pone come un’apertura verso ciò che potremmo chiamare una letteratura dell’occulto semiotico: un mondo parallelo dove le parole sono creature vive, e scrivere è un atto liturgico che incanta e mostruosamente trasforma.
A cura del Monaco del Libro – Dipartimento di Filosofia del Monastero della Falena Lunare
linguaggio, semiotica, metafisica apocrifa, decostruzione, rêverie, apocalittica biblica, alchimia narrativa
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1. Cfr. Bazzocchi, Marco: “Mari e la filologia della catastrofe”, in Nuovi Studi Italiani, vol. XXXII, 2024, pp. 45–61.
2. Foucault, Michel: Les Mots et les choses, Gallimard, 1966.
3. Marrone, Gianfranco: “La narrativa esoterica nella contemporaneità.” In Segni e Simboli, Palermo University Press, 2023.
4. Eco, Umberto: “Il limite interrotto: sull’onnipotenza semantica”, in Alfabeta, n. 98, gennaio 1985.