This article is based on this Dutch article of Martinus Benders: https://martijnbenders.substack.com/p/ingekochte-literatuur-deel-12487
Ingekochte literatuur, deel 12.487
È ora. È ora e sarà sempre così. Siamo seduti a tavola in silenzio, la pace evapora dai piatti, il tintinnio di coltelli e forchette crea l’impossibilità che tutto ciò svanisca mai, è ora e sarà sempre così, sempre, questa sera di maggio in cui l’oscurità già respira. Anche se tra poco il freddo sfiorerà il tavolo, se uno tradirà l’altro, se la morte arriverà a tempo debito, è ora e sarà sempre così, due persone a tavola in una sera di maggio in cui l’oscurità già respira e Dio ci guarda.
Charles Ducal (1952) da: Tempo di pace (Atlas Contact, 2025)
Tempo di pace, tempo di unirci al Buon Pastore. Ma non lo avevamo già fatto tre anni fa, Charles, un milione di morti e amputazioni fa?
Allora eravamo già così innamorati del Buon Pastore, che voleva espandere la NATO sempre più a est, vero? Allora bastava annuire un attimo per evitare una guerra, giusto? Perché solo ora è tempo di pace, e perché Dio deve essere tirato per i capelli in tutto questo? Dopo aver fatto il pieno di altri 800 miliardi di dollari, arriva la raccolta di poesie con la trama religiosa dell’intera vicenda?
Disgustoso.
Non ho un’altra parola per definirlo.
E sicuramente esistono persone che restano colpite da una metafora come “l’oscurità già respira”. Sono le stesse persone che si sentono molto rassicurate al pensiero che Dio le stia osservando.
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Abbazia di Achel
Il pomeriggio si stende ampio come il cielo sulla brughiera,
il gallo segnavento resta in buoni rapporti con il cielo,
la terra si abbandona con fervore liturgico
al segale e orzo,
birra e pane di segale comunicano.
Il pomeriggio. Perché proprio il pomeriggio? Guardando la brughiera, non è certo il pomeriggio che vi si posa “ampio come il cielo”, no? Perché mai l’osservatore pensa subito al suo orologio? E cosa c’entra un gallo segnavento, c’è una chiesa in mezzo a quella brughiera? E come mai subito quel gergo manageriale? Il luppolo non cresce affatto nella brughiera, e nemmeno il segale.
Che strano individuo frettoloso, sempre con lo sguardo sull’orologio.
I monaci credono ancora in vita,
mangiano fino a morire di silenzio,
bevono il tempo come un’onda
che mai si ritira, il loro sguardo fisso sull’infinito.
Credono ancora in che cosa? E oltre a questo bevono anche il tempo come un’onda infinita
con lo sguardo fisso sull’infinito, dopodiché
spazzano via il mondo, un fastidioso granello di polvere,
dall’angolo dell’occhio.
Quel gallo segnavento sulla brughiera, in buoni rapporti con il cielo, si è rivelato solo un fastidioso granello di polvere nell’occhio del monaco perso nell’infinito. Poi arriva la rivelazione:
I castagni accendono le loro candele,
nel chiostro interno si mescola un profumo
di mattutini e laudi, il giorno si fa intero
con la maturazione delle compiete.
I castagni accendono le loro candele.
Con molta fantasia si potrebbe effettivamente vedere in quella punta sulla castagna uno stoppino. Ma anche come immagine è piuttosto forzata, specialmente se si fa sera e si parla di un chiostro interno.
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Un piccolo approfondimento:
Il nome Mysjkin non ha radici storiche o culturali conosciute in Belgio. Somiglia molto al cognome russo Mysjkin (Мышкин), come quello del personaggio letterario Principe Mysjkin de L’idiota di Fëdor Dostoevskij. In Belgio, i cognomi slavi come Mysjkin sono rari, a meno che non siano stati importati di recente attraverso l’immigrazione. Non ci sono segni che il nome abbia una tradizione storica nel paese.
Jan H. Mysjkin è un poeta e scrittore fiammingo, noto per la sua poesia sperimentale. Considerando alcuni elementi, è molto probabile che si tratti di uno pseudonimo:
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Chiaro riferimento letterario: Il nome Mysjkin richiama esplicitamente il personaggio di Dostoevskij, un collegamento adatto a uno scrittore che voglia evidenziare una certa identità filosofica o letteraria.
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Assenza del nome nelle fonti belghe: Non esistono tracce del cognome Mysjkin negli archivi storici, nei registri della popolazione o nelle banche dati genealogiche del Belgio.
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Contesto dell’uso dello pseudonimo: Molti scrittori, specialmente in ambiti sperimentali, adottano pseudonimi per contestualizzare il proprio lavoro o mantenere un certo anonimato.
Conclusione:
Jan H. Mysjkin è con ogni probabilità uno pseudonimo, scelto per la sua connessione letteraria con Dostoevskij. Il nome Mysjkin in sé non ha alcun fondamento storico in Belgio.
Strano che per trent’anni nessuno si sia posto una domanda su quest’uomo,
che ha saputo costruire il nostro contatto letterario con l’Europa orientale grazie alla sua “connessione spirituale” con l’anticomunista di Van Oorschot.
La mia ipotesi: è un americano.